Abstract
L’articolo studia l’evoluzione dei giudizi maturati sulla Cina all’interno della cultura italiana tra seconda metà del Settecento e fine Ottocento: dall’eredità della storiografia gesuitica al mito della semplicità e autenticità della cultura cinese (Verri, Foscolo, Leopardi); dai primi tentativi di indagine comparata (Giuseppe La Farina) alla percezione, nelle pionieristiche analisi di Carlo Cattaneo e di Giuseppe Ferrari, di una Cina quale paese moderno, potenzialmente concorrenziale nei confronti dell’occidente.